Velocità, parola attraente per ogni corridore, di qualsiasi distanza.
È un termine di cui si fa un uso ricorrente per descrivere la tipologia di allenamento o le sensazioni avvertite. In realtà il concetto di velocità è spesso impuro rispetto alla realtà dei fatti.
Quando si parla di lavori veloci dovremmo riferirci a distanze della durata di non oltre 20/30” e va da se che sono temi toccati davvero poco dal fondista.
Se poi parliamo di rapidità si sconfina in un campo reattivo e quindi parliamo di attività di 2/3” e cioè di una reazione istantanea allo stimolo senza avere opposizioni dall’affaticamento creato.
Gli stimoli brevi sono poco usati dal fondista, ma non a ragione.
In affiancamento ai lavori specifici, sono utili i lavori di prontezza. Questo aiuta ad avere un’azione di corsa maggiormente efficace in prestazione unitamente ad abbassare i costi vivi.
Da non sottovalutare però il lato dei “debiti” che inevitabilmente si producono ad alte intensità già dopo 10”. Ciò per evitare adattamenti che vanno a contrapporsi con il lavoro utile al miglioramento dei parametri del fondista.
Quindi, per il corridore resistente, ok curare l’aspetto veloce, ma senza innescare processi tipici della velocità.
La velocità del fondista
In inverno, ad esempio, nel lavoro classico degli sprint in salita ripida, il corridore va incontro alla “velocità esplosiva”, ma dovremmo avere l’accortezza di limitare queste fasi a brevi misure.
Salite oltre i 60 metri cominciano a intaccare altri meccanismi che vanno in antitesi alla velocità.
Quando l’azione perde la sua pienezza, già adottiamo resistenza che va in conflitto con la veicolazione rapida del gesto.
Il tecnico adotta spesso dei compromessi nella stesura dell’allenamento, ciò per andare a prendere la parte pulita dell’azione fino a estendere il comparto veloce per unirlo a metodiche miste e raccogliere il massimo dalle sessioni.
Senza andare troppo nei particolari, si può dire che è bene separare il veloce dal resistente per creare due fasi distinte, che tuttavia vanno d’accordo se sapientemente miscelate. Infatti, nei periodi intermedi della preparazione, si utilizzano sovente gli intervallati brevi.
In quest’ottica, sono buoni allenamenti di questo tipo: nella fase centrale della seduta di corsa lunga, inserire 20/30’ alternando 10/15” veloci a 45/50” lenti. In questa situazione si vengono a creare 20/30 stimoli di prontezza senza creare debiti significativi e che in ogni caso vengono pagati nella fase di recupero.
Questo è un modo in cui può agire il fondista senza creare adattamenti contrari al suo modo di lavorare.
Modi di operare
Ma a cosa servono questo tipo di sedute?
In sostanza si danno “scosse nervose” a livello di contrazione muscolare per attivare i recettori e in qualche modo riabilitarli e invogliarli all’intervento, poiché nelle uscite specifiche estensive tutto concorre alla prestazione.
Avere una muscolatura in salute aiuta la piena spesa del carburante posseduto.
Poter avere velocità in regime di economia pare un sogno vano, ma possiamo avvicinarci ad avere una grande capacità di rispondere agli stimoli se costruiamo in allenamento questa virtù.
Intervenire sulla dinamica, per evitare che essa vada a perdere in efficacia, è un investimento prezioso.
Oltre a tutti i lavori che fanno da corredo alla corsa, vedi esercitazioni tecniche, andature, circuiti, ecc., è possibile creare benessere sensoriale attraverso le attivazioni rapide durante le sedute di corsa continua.
Tali condizionamenti vanno inseriti non seguenti alle sedute che costano sotto il profilo muscolare, ciò per non rischiare infortuni e in ogni caso risposte non consone.
Una buona cosa è invece utilizzare il lavoro di stimoli veloci prima di sessioni di resistenza alla qualità poiché lasciano gambe buone, non mettendo in circolo residui né stanchezza particolare.
Le porte per l’eccellenza
Se fate caso all’azione di un top runner, trovate il segreto per cui dispone di elevato valore.
Mettiamo un attimo da parte il talento di base, il tempo a disposizione per allenarsi, la motivazione, ecc. e osserviamo. In lui possiamo notare, anche negli stili meno belli, uno sviluppo unico dei poteri meccanici. Se non c’è grande economicità nell’azione non si può eccellere.
Il costo della corsa va ovviamente a influenzare direttamente la qualità della prestazione.
Quando l’azione non è sveglia, pulita, dolce nel suo incedere, significa lasciare energie per strada e compromettere parte del proprio valore. Ciò passa dall’acquisizione “elastica” attraverso svariate metodiche messe in atto.
Se andate a studiare la sua azione, avrete una netta percezione della rapidità della sua risposta meccanica e della quasi assenza di contrazioni muscolari aggiuntive rispetto a quelle richieste. Per ottenere ciò, sono vitali i lavori veloci a impatto “non energetico”.
Cancellando, o moderando il flusso di lattato, grazie ai lavori più che sintetici, può lavorare in maniera meravigliosa in campo veloce anche l’atleta resistente.
Chiaro che il campo alattacido si presta a varie interpretazioni, ma non confondendo le materie ci sono risultati significativi.
Riassumendo, unire il comparto veloce puro con quello resistente è possibile e anzi, assolutamente da raccomandare, ma facendo attenzione a disporre il lavoro rapido nel rispetto di quello estensivo, non necessariamente in giorni diversi, ma quantomeno non fondendo campi opposti. In questo non mi riferisco solo alle intensità bensì al tipo di lavoro. Il fondista che ha nel suo repertorio tutti i condizionamenti, e non fa confusione programmatica, riesce a esprimere il suo valore ai vertici delle proprie possibilità.