Nella precedente newsletter ho evidenziato come il costo energetico rappresenti un fattore condizionante della prestazione nelle gare di lunga durata, anche in presenza di una preparazione solida. Un ulteriore elemento che può influenzare il rendimento cronometrico è il consumo energetico, ovvero la modalità con cui l’organismo impiega i substrati disponibili per sostenere lo sforzo.
Non è detto che, nonostante una preparazione accurata, sia stata allenata in modo efficace la capacità muscolare di utilizzare una miscela energetica composta prevalentemente da acidi grassi rispetto ai glucidi. Durante la preparazione specifica, infatti, si svolgono — o si dovrebbero svolgere — sedute mirate a stimolare le fibre muscolari nella selezione ottimale della miscela energetica, così da evitare cali drastici di energia prima di aver completato l’intera distanza di gara. Questo processo fisiologico è alla base dell’efficienza metabolica e rappresenta un obiettivo chiave nella costruzione della prestazione di endurance.
A conferma di ciò, nei test condotti su maratoneti amatori, ho riscontrato — durante sedute svolte a ritmo maratona — valori di lattato superiori, talvolta in modo significativo, rispetto ai parametri fisiologici considerati ideali per quell’intensità. Questi dati indicano che i muscoli stanno facendo ampio ricorso al glicogeno come substrato energetico primario per sostenere lo sforzo. Sebbene il glicogeno sia altamente efficiente, è presente in quantità limitate nell’organismo. Un suo consumo eccessivo nelle fasi iniziali o intermedie della gara può portare ad un esaurimento precoce delle riserve, con effetti negativi sulla tenuta muscolare e sulla capacità di mantenere il ritmo nella seconda parte della maratona. continua a leggere




